In questa puntata di Too Big To Fail, il podcast di finanza più biased dell’internet, parliamo di bias finanziari e fallacie comportamentali. Ah, aspettavi una battutona? Scoreggio! Ahahah. 

I consigli di oggi:

Vittorio: 1989 
Nicola: Research in Motion RIM
Alain: Dense Discovery

🎺 LA PROMO 
Interactive Brokers è quello dei fichi, diciamocelo. Se sai quello che fai e non ti spaventa farti le tasse cliccaci. Vuoi altri referrals? Dai, Facce campa!

Cose nominate (forse):

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Oh, e ascolta tutto fino alla fine oppure ti facciamo una fallacia da dietro!

Ascoltalo qui:

Trascrizione della puntata

Ebbene sì, c’è chi si è smazzato la sbobba per te pur di permetterti di cercare al volo se abbiamo nominato Cicciolina. Chi è quel santo? Clipto, che spacca i culi nel trascrivere audio in testo, anche in italiano. E non lo diciamo perché ci pagano l’obolo se ti abboni. O forse sì? Puoi scoprirlo nella settimana di prova. Ora bando alle ciance altrui e passiamo alle ciance nostre.

Vittorio 

[ 00:00:38 ] Sentire parlare in giro di bias cognitivo ormai è comune tanto quanto senti parlare di fantacalcio, cripto o di prendere l’Ozempic per dimagrire senza passare da quella fastidiosa abitudine chiamata palestra, allenamento e perseveranza. Tanti di voi avranno persino usato la parola ‘bias cognitivo’ per impressionare un potenziale partner ma dai ammettiamolo, li conoscete davvero? sareste in grado di spiegarne almeno 10 ?oppure di adattarne un paio per migliorare la vostra triste esistenza? Dai oggi qualcosa ve la spieghiamo noi.

Nicola 

[ 00:01:17 ] Al minimo secondo me, vi renderete conto perché non scopate mai; cambiate argomenti per impressionare la gente oppure usateli se volete scopare il Vittorio. Anche gli aneddoti di storia e sono molti consigliati.

Alain 

[ 00:01:33 ] Io vorrei precisare che parliamo di 9 bias non di 10.

Vittorio 

[ 00:01:42 ] Questo è ingegnere bias non esiste una roba del genere. Sì, sì, sì, secondo me sì. Alcuni lo chiamano sindrome del saputello e poi diventa del pignolazzo.

Nicola 

[ 00:01:51 ] Vabbè, dai, dai! Cominciamo. Che finisce male. Parto subito io. Allora il primo è la loss aversion. Avversione alla perdita è il fenomeno psicologico per cui le perdite ci danno più dolore di quanto le vittorie ci diano piacere, in altre parole perdere 100 euro ci fa stare peggio di quanto vincerne 100 ci faccia stare bene. È come se il nostro cervello fosse progettato per odiare perdere tanto da farci fare scelte irrazionali pur di evitarlo.

Alain 

[ 00:02:28 ] Mi viene in mente Montoya, che sicuramente era più triste più triste dopo che contento prima.

Vittorio 

[ 00:02:34 ] Penso si rivedeva nella tristezza.

Nicola 

[ 00:02:36 ] Quindi come esempio cito l’esperimento di Kahneman e Tversky della famosa prospect theory, che poi io, cioè l’amico di Kahneman, non so come si pronuncia. Comunque come dicono gli inglesi: se una parola non sai pronunciarla è perché l’hai letta. Peraltro, noi lo menzioniamo il secondo perché il Nobel ha vinto solo Kahneman, ma perché è morto prima: perché non possono dare il Nobel alla gente morta.

Nicola 

[ 00:03:15 ] Allora ritorniamo alla famosa Prospect Theory: ai partecipanti veniva chiesto di scegliere tra due opzioni: ricevere 100 euro con certezza oppure fare un lancio di moneta, testa vinci 200 euro croce prendi 0. La maggior parte preferiva la prima anche se la seconda aveva lo stesso valore atteso. Tuttavia, se il problema veniva presentato in termini di perdite, per cui o perdi sicuramente 100 euro o lanci una moneta per rischiare di perderne 200 o niente. Molti più soggetti accettavano il rischio. Adesso io vi lascio un momentino per rifletterci su sta cosa perché è la prima volta che l’ho letta, cioè non la capite subito, secondo me. Però ha un grande impatto sulla finanza personale. Il primo è: non vendere un investimento in perdita quando hai comprato le azioni che ora sono in perdita, ma non vuoi venderle perché dispiacerebbe ammettere di aver perso soldi, nonostante il mercato ti suggerisca che sarebbe meglio uscirne, rimani attaccato all’investimento per paura di realizzare la perdita. Questo ti può portare a tenere un investimento sbagliato più a lungo di quanto dovresti. Secondo me questo, visto che stiamo parlando di bias, si lega a un altro, cioè all’endowment bias: la tendenza a valorizzare di più una cosa che possediamo rispetto a quando non la possediamo. Non vogliamo vendere perché questo investimento per noi ha un valore più alto rispetto a quello che gli attribuisce il mercato. Così, vi ho buttato dentro il decimo bias a gratis.

Alain 

[ 00:04:41 ] Ci vuole la mancetta adesso.

Nicola 

[ 00:04:43 ] Il secondo esempio è investire senza accettare la volatilità, pur di non rischiare di perdere neanche l’1% preferisci di comprarti un bond singolo che fa schifo o tenerti i soldi nel conto deposito quando addirittura sotto il materasso. Così facendo, però ti esponi all’inflazione ed hai dei grossi costi opportunità. E qua adesso, io ho messo giù tutto un elenco di altri grandissimi investimenti, ad esempio i certificati di merda che ti danno una cedola finta ma alta o peggio ancora i certificati capitale garantito o peggio ancora i fondi covered call tipo JP. È il ticker di questo fondo di JPMorgan sono 16 bilioni, 16 bilioni di fondo, 160 non lo so, è una roba enorme, vabbè. Adesso la smetto perché altrimenti facciamo tutta la puntata con un solo bias quindi il morale della favola: le perdite fanno male, lo sappiamo, ma cercare di evitarle in modo irrazionale, specialmente quando sono volatilità più che perdite vere può farti finire in situazioni peggiori. Nel caso della vendita di investimenti in perdita, il modo migliore sarebbe non fare stock picking così ve levate il problema dal principio. Ma se lo fate strappate il cerotto in un colpo solo è meglio che fare incancrenire la situazione. In finanza come nella vita, è meglio accettare la perdita e imparare da essa, piuttosto che aggrapparsi all’illusione che se resisto un po’ di più, tutto andrà bene

Vittorio 

[ 00:06:08 ] E proprio su questo il bias successivo è quello che si chiama status quo bias, che è spiegabile in una sola parola: Italia. Cioè, è una sorta di conservatorismo, la preferenza a lasciare le cose come sono, anche se fare quel cambiamento sarebbe molto più vantaggioso. D’altronde, noi abbiamo un proverbio proprio famosissimo che sintetizza al massimo questo bias: ‘lasciare la strada vecchia per quella nuova si sa quel che si lascia, non si sa quel che si trova’.

Il problema è che diciamo la nostra zona di comfort non è necessariamente la scelta migliore in assoluto, non è neanche la scelta preferibile razionalmente e spesso non è neanche la scelta migliore per tutti. Spesso si rimane come si è, per un mix di pigrizia e procrastinazione e paura. È un ottimo cocktail masochista soprattutto in finanza. Questa cosa è stata anche dimostrata da degli studi comportamentali, in particolare quello di Samuelson e Zeckhauser nel 1988, che hanno studiato il comportamento delle persone riguardo appunto alle decisioni finanziarie. Hanno chiesto a un gruppo se voleva passare a un piano di investimento più vantaggioso, ma solo il 60% ha deciso di farlo, anche quando tutte le nuove opzioni offrivano dei rendimenti molto migliori. La maggior parte delle persone ha continuato con quello che conoscevano, anche se semplicemente non era la scelta ottimale. In pratica molti preferivano la comodità del piano esistente a una possibile soluzione migliore. 

Questo è un processo che chiaramente non riguarda solo gli investimenti, ma ad esempio il lavoro: cioè in Italia, ad esempio, siamo il paese che rimane più a lungo nella stessa agenda, 7-10 anni. Cambiare conto corrente farsi massacrare di costi assolutamente inutili, perché ah no! Ma mi conoscono in filiale, ma chi ti si conosce in filiale? 

Ti conoscono come il pollo. 

Addirittura stare nella banca dei suoi genitori.

Oppure mantenere il fornitore luce-gas per una commodity che è sempre la stessa e quindi… 

io credo in Eni. 

Esatto; diciamo che quello che si impara con un po’ di maturità è che il cambiamento fa sì paura, ma spesso è l’unica strada per crescere e migliorare la propria condizione, questa che sia personale o finanziaria. In genere basta uscire di strada e si vede tutta questa torma di gente che si lamenta di qualcosa, e sono un po’ l’esempio di questo bias, cioè persone che alla fine non hanno mai rischiato, sono rimaste là ferme e poi se lamentano.

Alain 

[ 00:08:22 ] Il prossimo è quello della sunk cost fallacy o fallacia dei costi irrecuperabili, è quando si continua ad investire tempo, soldi, energie in qualcosa, ma solo perché si è già speso tanto in passato, è un po’. il motivo per cui insisti a leggere quel libro di merda solo perché l’hai pagato oppure perseveri in un progetto senza futuro perché ci hai ormai speso tre mesi. 

L’esperimento, diciamo quello che per primo l’ha individuato è dell’85 di Arkes e Blumer e hanno fatto praticamente un esperimento con dei biglietti teatrali ne hanno venduti all’ingresso a prezzi diversi 5, 10 e 15 dollari e poi tra il momento in cui la gente riceveva il biglietto e il momento in cui cominciava lo spettacolo hanno fatto vedere la critica cosa diceva dello spettacolo cioè che era una merda una merda noiosissima, assurda. Eppure un po’ di gente ci è andata, chi? Chi aveva pagato di più per il biglietto hanno notato che c’era una correlazione tra chi pagava di più e chi andava a vedere la merda, cioè sprecava il proprio tempo pur di non ammettere di essersi fatto fregare col biglietto teatrale.

Perché questo è potentissimo, sì sì è vero molto molto potente.

Vittorio 

[ 00:09:30 ] File di Radical Chic in questo bias.

Alain 

[ 00:09:38 ] Vabbè. Un esempio finanziario potrebbe essere la solita azione in perdita che non si vende o addirittura si raddoppia e si media la posizione mentre scende. Un altro esempio invece, che a me piace molto, è la truffa del principe nigeriano. La conoscete tutti, la truffa del principe nigeriano. Ti contattano con questa mail di spam e ti dicono che è morto il principe nigeriano e tu sei guarda caso l’unico erede solo che i soldi sono bloccati alla dogana devi sganciare 200 euro per sbloccarli. Se sganci quei 200 euro hai un sunk cost un costo irrecuperabile che spinge per far sì che tu voglia crederci di più loro lo sanno e su chiunque spenda anche solo pochissimo per sbloccarli insistono e tartassano tantissimo tant’è che c’è gente che ci ha speso decine di migliaia di euro su questa roba. 

Passiamo alla morale cioè il passato è passato i soldi che hai speso il tempo che hai speso non dovrebbero influenzare le tue scelte future E se qualcosa non funziona, taglia. Non incaponirti su una nave che affonda.

Nicola 

[ 00:10:44 ] Prossimo è la gambler’s fallacy, ovvero la fallacia dello scommettitore, che è l’illusione che gli eventi passati influenzino quelli futuri, anche quando sono completamente indipendenti. È il motivo per cui se tirate una moneta ed esce testa 5 volte di fila, pensate per forza la prossima sarà croce. Peccato che la moneta non abbia memoria e le probabilità restino sempre 50%. Su questo non lo so, perché a dire il vero ho visto un paper, un po’ di tempo fa, che diceva che le probabilità non sono esattamente 50 e 50, ma non ho avuto il coraggio di leggerlo. Ci aveva fatto un articolo pure il post ve la lascio così come aneddoto. 

Comunque sta cosa la si vede uguale con quelli che scommettono il rosso o il nero alla roulette o i ritardatari al Lotto, che più che ritardatari dovremmo iniziare a chiamarli ritardati in onore di quelli che seguono questa strategia. O dividend investor non lo so. 

Un esperimento l’ha fatto tale Jarrett nel 1979: scoprì che quando il rosso usciva più volte di seguito, sempre più persone iniziavano a puntare sul nero convinte che fosse più probabile. La realtà è che ogni giro della roulette è indipendente dai precedenti, anche se il rosso. È uscito 10 volte di fila la probabilità che esca nuovamente è sempre la stessa. I casinò fanno miliardi sfruttando questa fallacia. La mitica tabella dei numeri usciti sulla roulette è lì solo per farti cadere in trappola, per farti scommettere di più. 

Quindi come la leghiamo questa alla finanza personale? Ad esempio, quelli che dicono: ‘La borsa è scesa per 5 giorni e domani salirà di sicuro’. Guardi il mercato e vedi che è rosso da una settimana, ti convinci: ‘Ora devo entrare perché deve risalire per forza’ e quindi compri. Ma non è così che funziona. Il mercato non ha una regola fissa. Può scendere anche per mesi di fila, perché non ti deve nulla. Oppure il mercato continua a salire: oddio sta per arrivare una recessione. Forse questo è molto più familiare in questo periodo.

Quindi qual è la morale della favola? Che il caso è caso non ha memoria non ti deve nulla e non si vendicherà mai. Se credi che questa volta per forza deve succedere il contrario, probabilmente stai cadendo nella gambler’s fallacy.

Io ci devo mettere un corollario però questa cosa degli investimenti, perché come negli investimenti c’è sempre un corollario nel senso che i mercati sono interessanti e quando pensi di aver trovato una regola si comporta in una maniera diversa. Il momentum che speriamo che gli ascoltatori di questo podcast conoscano è un fattore noto, e quindi la gambler’s fallacy funziona? Però, nei mercati, a volte funziona la regression to the mean. Ad esempio, Mel Faber ha fatto questa regola: cercare dei mercati che sono scesi in maniera decisa per tre anni di fila, tipo il 20% all’anno per tre anni consecutivi, e di solito il quarto rimbalzano, in media. Se volete costruire un portafoglio di queste scommesse, diciamo. Il fatto è che i mercati sembrano casuali ma non lo sono del tutto. Ciascun giorno di contrattazione non è 100% indipendente da quello prima, nel senso statistico del termine.

Alain 

[ 00:13:56 ] Aggiungo un altro corollario che a me piace tantissimo, da Taleb, cioè quello che se vedi una moneta che esce dieci volte testa è molto più probabile che la undicesima esca testa perché con ogni probabilità ti hanno inculato con una moneta truccata. Quindi quando tu guardi però si applica a tante cose quando tu guardi da fuori semplicemente la sequenza degli eventi e lo vedremo con un altro bias dopo devi presumere che la tua supposizione iniziale possa essere sbagliata quindi magari la moneta è veramente truccata.

Vittorio 

[ 00:14:24 ] Il prossimo è il famosissimo bias dell’ancoraggio che consiste nel dare troppo peso alla prima informazione che riceviamo, anche se spesso è assolutamente irrilevante. È il motivo per cui quando il cameriere dice che il vino più costoso costa 100 euro la bottiglia da 50 euro ci sembrerà molto più economica ed è un po’ la base di qualsiasi forma di vendita, marketing e roba del genere, in sostanza il nostro cervello si attacca insomma si ancora al primo valore alla prima informazione che riceve e lo usa come riferimento per prendere tutte le decisioni successive. Ad esempio, uno studio fatto da Kahneman e Tversky nel 1974, ha chiesto ai partecipanti di stimare la percentuale di nazioni africane presenti all’ONU. Prima di farli rispondere facevano girare una ruota della fortuna truccata che si fermava sempre su 10 o 65. Il risultato era che chi vedeva il 10 dava risposte più basse fino al 25%, mentre chi vedeva 65 sparava numeri più alti fino al 45%. Anche se il risultato della ruota era assolutamente irrilevante per la domanda, le persone si ancoravano a quel numero per dare la propria risposta. 

Diciamo questo tipo di bias si trova ovunque: basta andare in un supermercato; basta vedere il prezzo originale sbarrato e poi il prezzo dello sconto, tu ritieni che quel prezzo a prezzo pieno sia quello effettivo, ma generalmente è molto più alto di quello che sarebbe il prezzo medio. La base delle tecniche di vendita. Il fatto è che siamo degli esseri semplici e il primo numero, anzi spesso la prima affermazione condiziona tantissimo come valutiamo le cose. Il trucco è un po’ cercare di razionalizzare, soprattutto fermarsi un attimo e magari farsi una domanda sciocca tipo ‘Dov’è la sola?’ o un’altra cosa banale è aprire un sito, tipo TrovaPrezzi, mettere il prodotto e vedere la media del mercato. Questo è il problema di fare la spesa al supermercato, perché tu non sai mai davvero quanto sia lo sconto effettivo sul costo medio della tua zona.

Nicola 

[ 00:16:14 ] È vero, è vero, e comunque con questo bias hai praticamente smontato tutti gli anni di corsi di vendita, eh?

Alain 

[ 00:16:22 ] Un’altra applicazione di questo bias è quello di valutare alcune metriche dei mercati finanziari, ad esempio il PE. Se uno dice: ‘Il PE è medio adesso è alto’. Boh, ma chi lo dice? Da cosa dipende? Hai visto quelli passati, no? E ti sei fatto influenzare da quelli altrimenti non ciòè… Non è che hai un punto di riferimento molto solido. 

Ma passiamo al prossimo bias, che si chiama apophenia e penso che sia il nome più bello possibile per un bias, ed è la tendenza a vedere schemi e connessioni tra eventi casuali. È il motivo per cui alcuni vedono la faccia di Gesù su un toast oppure credono che il mercato azionario segua il ciclo lunare. Sostanzialmente, il nostro cervello odia il caso, deve per forza di cose trovare un significato, un certo tipo di determinismo tra causa ed effetto, anche dove non esistono.

Nicola 

[ 00:17:09 ] Le litigate con mia moglie per spiegare questa cosa, lei è esperta nel trovare connessioni, anche dove queste connessioni non ci sono.

Alain 

[ 00:17:20 ] Lo siamo tutti. Però adesso hai un termine nuovo da usare: vedi apophenia, eh, e tra l’altro la cosa veramente veramente interessante è che non siamo solo noi umani e non siamo solo i mammiferi.

Addirittura, il primo esperimento sulla apophenia risale allo 48 ed è stato fatto sui piccioni. Hanno messo questi gruppi di piccioni in scatole diverse e gli veniva dato del cibo a intervalli casuali, cioè era proprio casuale il momento in cui gli veniva dato il cibo. Dopo un po’, di giorni che facevano la procedura in ogni scatola, i piccioni si comportavano in modo diverso, pensando che quel comportamento comportasse l’arrivo del cibo. Quindi c’era la prima scatola in cui tubavano di continuo, l’altra in cui picchiavano la testa contro il muro, l’altra in cui battevano le ali. In sostanza avevano sviluppato le loro religioni superstiziose per ottenere il cibo.

Avevano creato San Pietro dentro le scatole.

Però il fatto, il nucleo della faccenda è che se c’è un rinforzo da qualche parte, tu il tuo cervello farà tutto quanto è possibile per collegarlo a un’azione, anche se in realtà è completamente derivato dal caso. Se vogliamo calarlo nella finanza, analisi tecnica cioè analisi tecnica è il 90% questa roba qua. Lo so e quel 10% per cui funziona, funziona perché ci sono altri fessi che fanno l’analisi tecnica e quindi spingono insieme i prezzi quando vedono le spalle, la testa, il cazzo a fiori. Oppure ci sono i depressi, quelli ogni volta che compra il mercato crolla; comunque niente. La morale: il caso esiste. Fatevi una ragione probabilmente avete individuato 70.000 pattern che non hanno nessun valore e boh

Vittorio 

[ 00:18:54 ] Però là gli devi dare un senso perché tu non puoi cedere al fatto che è speso del tempo e quindi non puoi accettare la sunk cost fallacy esatto e lo sapete bravo cioè è tutto collegatissimo. 

Nicola

Il prossimo è availability bias ovvero il bias di disponibilità: giudichiamo la probabilità di un evento in base a quanto facilmente ci viene in mente un esempio a riguardo. Se senti parlare di attacchi di squali al telegiornale all’improvviso pensi che fare il bagno in mare sia più pericoloso di un rodeo con i leoni. In realtà hai molte più probabilità di morire colpito da un distributore automatico impazzito. Non ci mettiamo una mano sul fuoco però potrebbe succedere. 

Ovviamente i nostri due amici israeliani che non citerò più cominciano uno con la K e uno con la T ma la T forse è muta hanno fatto un esperimento nel 1973: hanno chiesto ai partecipanti se in inglese ci fossero più parole che iniziano con la lettera K o parole che hanno la lettera K come terza lettera La maggior parte delle persone ha risposto che ce ne sono di più con la K iniziale, ovviamente è sbagliato: ce ne sono molte di più con la K al terzo posto. Make, bake, take; sappiamo quanto è originale in inglese da questo punto di vista. Però, perché nasce questo errore? Perché è normale ci vengano in mente più facilmente le parole che iniziano con una lettera. 

Ci sono un sacco di esempi che funzionano nella finanza personale, ad esempio quando dicono: ‘Ah, investire in borsa è troppo rischioso’, perché? Perché ti restano più in mente le notizie i notiziari che parlano del crollo del mercato in quel giorno, il tonfo delle criptovalute nel 2022 e quindi sei convinto che investire sia giocare alla roulette con i tuoi soldi. Ovviamente sappiamo che nel lungo periodo invece il mercato sale. Ma siccome anche lì un altro detto è che il mercato sale con le scale e scende con l’ascensore, non ti resta in mente cioè il problema delle notizie che non parlano degli incrementi piccoli, incrementi positivi che comunque hanno un grande impatto. Forse ce l’avrà dato anche Luca Dell’Anna un po’…

Poi la seconda cosa è una truffa che in realtà sembra un’opportunità, un amico che ti dice che ha guadagnato un sacco con un investimento sicuro e garantito, che è uno schema Ponzi ma mascherato da business innovativo e quindi ti sembra un’ottima occasione perché hai sentito le storie di persone che si sono arricchite, ma non consideri la quantità enorme di persone che invece ci hanno rimesso tutto e che per vergogna se ne stanno mute. Secondo me è un altro classico esempio di questo, son quelli che aprono un ristorante o anche i fuffaguru che non ricevono recensioni abbastanza negative. 

Il terzo è giudicare le probabilità in base a quello che è successo a noi. Questo secondo me è il pericolo più grande ed è molto documentato, ad esempio se andate a vedere quante azioni hanno in portafoglio diverse classi di età della popolazione in un certo momento pensate a Beppe Scienza negli anni ’70 aveva 20 anni è rimasto talmente folgorato dall’inflazione che sono 50 anni che non smette di esserne ossessionato, secondo me è un po’. Come quella volta in cui William Bernstein ha rubato la fidanzata a Paolo Coletti e quindi lui per ripicca gli ha rubato il nome della sua teoria e proprio ci è rimasto sotto. Alla fine nessun boomer americano capisce il fire perché si sono vissuti l’1-2 della dotcom bubble e della great financial crisis, mentre tutti quei ventenni ci credono perché hanno visto solo il mercato che saliva e quello è l’unico mondo che hanno vissuto. Quindi la morale di questa cosa è che la memoria vi gioca brutti scherzi quando valutate un rischio finanziario non fatevi influenzare da quello che vi viene in mente per primo, guardate i numeri reali e non le storie.

Vittorio 

[ 00:22:53 ] Ecco un’altra cosa secondo me sempre inerente: anche dare più valore a qualcosa per cui ci abbiamo messo tanto impegno personale è un bias e si chiama “della giustificazione dello sforzo”. Avete presente quelli che vanno a MasterChef e cucinano delle caccate improponibili e poi si lamentano perché i tre giudici non hanno valutato il suo sforzo nel fare il piatto? Ecco mediamente è questo. Il fatto che uno ci abbia messo tanto impegno, purtroppo non è un metro di valutazione per la qualità di qualcosa; cioè, uno può avere un grandissimo dispiacere, però purtroppo è così. 

E questo ultimo concetto emerge chiaramente in un altro esperimento, questa volta di Aronson e Mills, che nel 1959 hanno studiato come le persone razionalizzano la fatica spesa per qualcosa. Hanno fatto entrare alcuni studenti in un club di discussione molto esclusivo, ma prima di accettarli li hanno fatti passare attraverso un rito di iniziazione. 

Un gruppo ha subìto un’iniziazione soft, cioè la lettura di parole leggermente imbarazzanti. Poi c’era un gruppo hardcore e poi c’era un gruppo di controllo che entrava nel club senza alcun tipo di iniziazione. Dopo l’iniziazione, tutti hanno assistito a una discussione noiosissima e priva di alcun senso. Eppure, quelli del gruppo hardcore hanno valutato l’esperienza come molto interessante e stimolante rispetto agli altri. In pratica, si sono proprio autoconvinti che quel club valesse la pena giusto per non ammettere che insomma avevano fatto una scelta sbagliata diciamo. In finanza un classico è non mollare mai un’azione solo perché si è speso tanto tempo per leggere un’analisi per fare report per parlarne sul forum e la sorpresa è che come abbiamo detto prima le azioni non gliene frega niente del tempo che ci hai speso dietro. Anzi, tante volte non gliene frega neanche niente del tempo che ci hanno speso quelli che ci lavorano dentro quell’azienda. Quindi, insomma figuriamoci.

Nicola 

[ 00:24:36 ] Pero questo è verissimo anche questo è potentissimo perché giustamente vuoi legare appunto lo sforzo che hai fatto alla fine dici no adesso mi devono pagare mi torno no eh eh.

Vittorio 

[ 00:24:51 ] In tutto ciò ci sono pure le aziende che sfruttano questo sistema per venderti le cose, cioè ad esempio l’IKEA EFFECT, parla proprio di questa cosa, cioè il fatto di montarti i mobili da sola, cioè che tu hai fatto uno sforzo per farlo e hai costruito un mobile, cosa che non è vera, ti fa sembrare quell’oggetto più bello e di maggiore valore. E volendo, vale sempre utilizzando detti storici, vale pure per i figli ogni scarafone è bella mamma sua. Insomma, un po’ il discorso e tutti i consigli che valevano anche per il Sunk cost e molti altri tante volte è meglio mettere un po’ la sconfitta e voltare pagina prima che il problema diventi molto più grande

Nicola 

[ 00:25:21 ] Non l’abbiamo pensata ma questo è il mio bias, io penso di essere il campione di questo bias.

Alain 

[ 00:25:34 ] Tra l’altro lo puoi anche ribaltare e usare a tuo vantaggio se ci metti tanto sforzo in cose che ti fanno bene alla fine per giustificarlo magari tieni un pochettino più duro, forse. Comportamenti maniacali si chiama ma lo sarà già vero. Buoni comportamenti maniacali. 

L’ultimo bias è il confirmation bias o bias di conferma, che è la tendenza di cercare interpretare e ricordare soprattutto le informazioni che confermano ciò che già crediamo. Non ditemi che non l’avete mai visto, questo. Comunque l’esperimento originario di Wason del 1960, praticamente ha dato ai partecipanti una serie di tre numeri, ad esempio “2, 4, 6” e ha chiesto loro di scoprire la regola che li governava proponendo altre sequenze. La maggior parte delle persone suggeriva numeri che confermavano la loro ipotesi, tipo “8, 10, 12”, pensando che la regola fosse numeri pari in ordine crescente. Invece di cercare di smentire questa regola, alla fine la regola era semplicemente numeri in ordine crescente, ma quasi nessuno provava sequenze come 1, 7, 23 per testare altre probabilità. In sostanza, una volta che ti sei fatto un’idea ti è difficile metterla in discussione e testare altre strade. Nella finanza personale io ne cito solo uno: gli investimenti faziosi, cioè per cui tutti gli investitori che fanno quelle scelte costituiscono una fazione. Ad esempio: hai deciso che le criptovalute sono il futuro e leggi solo articoli che dicono ‘Bitcoin a un milione to the moon’ entro il 2026, ignorando chi suggerisce prudenza. Magari bollandolo come ignorante perché non ha speso 100 ore a leggere i pipponi che ti sei letto tu e guai a dirti che sono del tutto irrilevanti quei pipponi perché altrimenti andremo sul bias precedente sulla giustificazione dello sforzo.

Vittorio 

[ 00:27:28 ] E peraltro questo è il male del nostro secolo, perché in realtà i social e gli algoritmi, anche quelli delle news o di qualsiasi cosa, tendono ad essere assertivi nei confronti di quello che tu hai cercato. Quindi ti propongono cose che tu continui a leggere, praticamente ti creano questo piccolo mondo in cui tu sembri che hai ragione, ma magari sei una minoranza. Continui a convincere che invece quello che dici è giusto e ci sono molte altre persone che lo pensano. Magari in realtà sono tantissimi bot finanziati dalla Russia.

Alain 

[ 00:27:56 ] Beh, ma in realtà non c’è neanche bisogno necessariamente dei bot, cioè queste camere di risonanza. Le chiamano così, si creano proprio per il modo in cui funziona l’algoritmo, l’algoritmo che fa è cercare di massimizzare il click-through rate, cioè il tasso di conversione al guardare un nuovo video, ad esempio su YouTube. Ovviamente, se tu hai un confirmation bias andrai a cliccare sulle robe che confermano le tue idee quindi alla fine tutto il tuo feed sarà popolato della stessa roba.

Vittorio 

[ 00:28:23 ] Ma tu non c’era quella cosa che scrivevi un’idea del cazzo nella community più sbagliata di tutte e ti facevi blastare da tutti.

Alain 

[ 00:28:30 ] Non era la più sbagliata di tutte, era Italia Personal Finance però sì cercavo di farmi blastare ed era un kink ogni tanto ci ho goduto anche un pochino, vabbè!

Vittorio 

[ 00:28:44 ] Allora noi potremmo continuare per circa 183 puntate a parlare di questo tema, perché è davvero molto interessante. Però, insomma, direi di andare avanti; anzi, ora chiudiamo Alain in una stanzetta per farlo continuare da solo: diciamo che la società in cui viviamo è molto complessa, ogni giorno ci arrivano addosso una mole infinita di informazioni e riuscire a decodificare la realtà non è facile. Anche perché, in genere, il nostro cervello è molto piccolo. Alcuni pensano che basti razionalizzare sempre le cose, magari usando malefici sortileggi matematici, noi siamo più consapevoli che l’essere umano è molto diciamo umano e quindi fragile, in cui si influenzano tanti fattori che sono la propria cultura, le proprie esperienze, i propri sentimenti eccetera. Conoscere un pochino il funzionamento dei bias può aiutare ad interpretare il mondo in una maniera un pochino più semplice, cercando di evitare errori gravi e prolungati nel tempo che alla fine poi purtroppo vanno anche a rovinare la vita.

Nicola 

[ 00:29:38 ] Cioè ci sarebbe anche tutto il discorso sui nudge come li chiama un altro premio Nobel, Richard Thaler, ovvero come usare questi bias a nostro favore, ma Alain?

Alain 

[ 00:29:49 ] Mi avete già liberato? Beh dai diciamo che se vi è piaciuto l’argomento potete approfondire leggendo una serie di libri tra cui magari anche ‘Nudge’, proprio di Thaler, Pensieri Lenti e Veloci di Kahneman, ‘Predictably Irrational’ di Ariely, che alcuni criticano ha avuto anche delle contestazioni su alcuni studi. Però la verità è che il libro è molto leggibile! In questo libro qui mette insieme soprattutto esempi abbastanza classici. Secondo me ci sta anche perché Kahneman un po’ diciamolo è un mattone e poi vi consigliamo anche un’amicizia da Nobel di Michael Lewis se vi interessa la storia di come è nata l’amicizia fra Kahneman e se lo pronuncio in modo ancora diverso Tversky e di come sostanzialmente è nata la finanza comportamentale. O se volete potete anche acclamarci a gran voce su tutti i social e faremo magari un’altra puntata sul tema. 

POSTA DEL CUORE

Ve lo dico qui così Vittorio non ha da farvi mille raccomandazioni alla fine dell’episodio che so che lo skippate per ripicca: potete sempre contattarci via email, sul subreddit del podcast che è che banalmente si chiama Too Big To Fail Podcast, o seguendoci e commentando la puntata su Spotify, o anche contattandoci su Twitter. Nelle show notes trovate tutti i link del caso. 

Ed ora passiamo a CiccioExpress che ha una domanda per il divano di pelle italiano che posso dire che è una delle cose più pornografiche. La domanda è sui bond inflation linked. 

Ciao Nicola, vorrei sapere cosa ne pensi te: ha senso in portafoglio avere ETF di bond indicizzati all’inflazione per proteggere gli altri ETF di bond quando i tassi si rialzano? Funziona così sta roba dei bond indicizzati all’inflazione? Quando l’inflazione è bassa conviene comprarli, dato che sono in sconto? I bond indicizzati all’inflazione si muovono sull’inflazione passata? Non lo dico più che il podcast spacca.

Nicola 

[ 00:31:47 ] Allora qua secondo me c’è il rischio di un warm-up temporale come è che si chiama nel senso che la domanda l’abbiamo presa su Reddit prima di pubblicare il secondo episodio sui bond, ma voi quell’episodio l’avete già ascoltato se state ascoltando questo e quindi la risposta vi risulterà magari un po’ ripetitiva comunque ricapitoliamo un po’, che è un discorso complesso per diversi motivi. 

Quando comprate un bond indicizzato all’inflazione, fissate praticamente il tasso reale così come quando fissate il tasso nominale quando comprate un bond fisso di quelli plain vanilla. Quindi questo vuol dire in primis che anche i bond indicizzati all’inflazione hanno una duration e quindi vuol dire che quando i tassi salgono, i bond indicizzati comunque soffrono, anche se intuitivamente pensereste di no perché hanno una cedola che è variabile, che appunto è legata all’inflazione. Non sto dicendo che soffrono tanto quanto i bond fissi, però comunque soffrono. 

Poi siccome ti offrono una protezione all’inflazione, di solito quei bond pagano uno spread negativo in termini di inflazione più spread e quindi in momenti normali ti porti a caso un rendimento minore del tasso di inflazione. I bond fissi, invece, ti offrono un rendimento reale positivo perché solitamente gli investitori chiedono un premio al rischio per bloccare il tasso per così lungo tempo quindi in soldoni nel lungo periodo i bond quelli fissi plain vanilla ti danno un rendimento più alto pure in termini reali di quelli inflation linked quello che cambia è come reagiscono ai cambiamenti del tasso di inflazione nel breve termine quindi tutto questo discorso diventa ancora più incasinato quando introduciamo il discorso degli etf quelli classici senza scadenza. 

La mia idea personale è di guardare i bond in inflation linked solo quando volete fissare il rendimento reale nel senso che in quel momento lì, il rendimento reale che fissate è vantaggioso. Ad esempio, in questo momento i bond indicizzati all’inflazione negli Stati Uniti e in Inghilterra offrono degli spread positivi. Addirittura, negli Stati Uniti sono arrivati a prezzare il 2% o qualcosa di più. Per cui, quel famoso 4% della regola del 4% con un solo bond a 30 anni vi portavate a casa il 2%. Tuttavia, sul discorso degli ETF, secondo me è un po’ più sono molto più complicati, ecco.

Alain 

[ 00:34:21 ] da Andrea. 

Ciao ragazzi complimenti per il podcast intanto mi piace molto il clima da tre amici al bar. Volevo chiedervi cosa ne pensate di MoneyFarm? Un collega che lo usa da quando è uscito in Italia e ne è molto contento. Io invece mi arrangio con Directa, grazie.

Vittorio 

[ 00:34:42 ] Fai bene te, che ti devo dire? Cioè, secondo me, quello che ti può rispondere meglio forse è Alain, perché lui è partito proprio su MoneyFarm e poi insomma ha preso altre strade, quelle migliori,.

Alain 

[ 00:34:57 ] Sì no, diciamo che è una soluzione per chi ha capito che i consulenti bancari ti inculano spesso, chi lo sa? Non lo so, chi sono io per dirlo? Consob, io non ho detto niente. Però non ha ancora voglia di sbattersi, non è pronto, non ha tempo e quindi cerca quella via di mezzo. Secondo me, è una soluzione un po’ via di mezzo: da un lato hai la tranquillità che c’è qualcuno che ti fa il portafoglio di ETF, che è indipendente, non ti vende merda su cui lui ci guadagna, di solito, perché adesso si è evoluto un po’ MoneyFarm, che ti associa un consulente anche per toglierti qualche dubbio. 

Dall’altro lato, se non capisci quello che stai facendo con i tuoi soldi è comunque probabile che non la vivrai bene e che dovrai tenere troppo bassa la volatilità per non rischiare di mollare troppo presto. Se invece capisci i rischi che stai correndo e capisci cosa stai facendo con i tuoi soldi, diventa poco sensato pagare quell’1% extra circa di commissioni ed il valore che ti dà il consulente telefonico, una volta ogni tanto, che alla fine ti spiega due cose, diventa molto limitato. Quindi insomma, costa relativamente poco e aggiunge relativamente poco valore. Mia opinione.

Nicola 

[ 00:36:03 ] Sì, secondo me, il discorso è era una bella idea quella dei robot advisor quando erano usciti, poi però si scontrano con una realtà dei fatti che appunto il gap di nozioni da colmare non è così grande nel senso che nel momento in cui tu arrivi a capire che ti serve un soggetto come MoneyFarm, che quindi gli ETF sono lo strumento giusto, che devi avere un portafoglio di ETF che i costi sono importanti tutte queste cose qua fondamentalmente a quel punto di Money Farm l’hai già sorpassato perché hai parecchie delle nozioni che ti permettono di fare da te, però dall’altro lato io lo capisco che ci sono a volte non lo so adesso sembra un modo di dire ma vacanze di Natale mio cugino mi ha chiesto è un po’ difficile se tu parti da zero zero zero zero. Non è che posso dirti, oh vai apri Interactive Brokers e compra sto ticker qua perché non sa neanche di che cosa sto parlando. Ciòè MoneyFarm ti aiuta perché veramente ti prende per mano e ti fa vedere un attimino in teoria come come comprare un portafoglio senza effettivamente comprare quel portafoglio. Però probabilmente dopo un anno se uno ci guarda abbastanza dentro capisci che puoi fare da solo.

Vittorio 

[ 00:37:25 ] Aggiungo altre due cose: una che praticamente sul piano sui piani pensionistici propone dei fondi di Allianz che, di base, sono ottimi; se non che ce ne sono due: uno è insieme, che è quello molto buono, e l’altro è Previdenza, che è molto meno buono e soprattutto molto più caro. A cui peraltro credo si aggiungano anche dei costi della piattaforma stessa come intermediario. Chiaramente MoneyFarm vende il secondo, quello poco buono. Poi c’è se non sbaglio che ogni anno per la gestione patrimoniale di MoneyFarm tu paghi le tasse sulle plus, cioè sui rendimenti in attivo che ottieni anche se non hai venduto questo, quindi ammazza notevolmente il compounding dell’interesse composto. E forse più di tutto è questo uno dei motivi per non scegliere, cioè in alcuni casi, quella gestione ti permette di compensare delle perdite. Però, uno ipoteticamente spera di non perdere dai propri investimenti, diciamo.

Nicola 

[ 00:38:26 ] E poi anche il problema che ogni anno loro cambiano i portafogli, che io questa roba qua non ho capito perché hanno deciso di spararsi nei piedi però, vabbè, comunque è un’altra filiazione che penso ne mancano pochissime che ci possono accettare ormai. 

CAZZABUBBOLE

Nicola

Cazza bubbole! Io questa volta visto che appunto è la rubrica dei consigli, ne vorrei dare uno serio e poi uno un po’ più cazzone, anzi non è un consiglio ma è uno sconsiglio, uno sconsiglio al regime amministrato perché se ci pensate, non c’è nessuna banca che si promuove dicendo ‘abbiamo il miglior regime amministrato’, no? Quello che ti dicono è che ce l’abbiamo qua, ce l’abbiamo. Non ce l’abbiamo. Il problema del pagare le tasse è che non è solo una questione di prendi quel numero lì e mettilo là. Ci sono parecchie interpretazioni. A quel punto l’interesse della banca è quello di non finire in un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. Qualsiasi dubbio, anche il minimo, non sanno come gestire una cosa, la strada più conveniente per loro è scegliere quella che fa pagare a voi più tasse, tanto voi siete già cliente, e poi il secondo punto cruciale è che molto probabilmente non vi accorgerete nemmeno della scelta che ha fatto la banca, perché lì avete scelti per quello, no? Cioè, non vogliamo avere nulla a che fare con le tasse, per non parlare poi del fatto che, come tutti, anche loro possono fare degli errori. Quindi sommate queste tre cose: zero attenzione o controllo da parte vostra; l’incentivo della banca a scegliere la soluzione peggiore per voi; errori vari. In questo momento, il confronto con la parcella del commercialista non è così brutto, no? E l’ultima considerazione che vorrei fare è che quando siete in fase di accumulo, quindi se comprate e basta non avrete nulla da dichiarare per anni; anzi, forse questo è pure un bonus che vi spinge a usare solo ETF ad accumulo, per cui doppio vantaggio. Il commercialista dovrete iniziare a usarlo solo quando il portafoglio avrà raggiunto una certa consistenza. Insomma, tutto questo per dire che se scegliete il broker solo perché vi dà il servizio di regime amministrato secondo me non è proprio una scelta lungimirante. 

Alain

Qui ci dovremmo poi fare la pubblicità Interactive Brokers: ce lo mettiamo nelle show notes

Vittorio 

[ 00:40:40 ] Però però boh, non lo so. Non mi hai convinto così tanto, non mi hai convinto perché il sistema italiano non c’ha così tante compensazioni o cose strane. Cioè, è strano sulla cosa finanziaria ma essendo molto lineare e bloccato all’interno di quello schema finanziario, non è che c’ha tanti errori; gli errori sono quelli dei dividendi americani, ma ad esempio directa basta che compili un documento e non te le fa pagare in sostanza ti fa pagare solo quelle italiane.

Alain 

[ 00:41:10 ] O che prendi ETF domiciliati in Irlanda ad accumulazione.

Vittorio 

[ 00:41:13 ] Sì, quello là che è un problema diciamo europeo, però poi non c’è tanto perché nel sistema americano invece ha un senso, perché tu puoi andare a compensare le tue minusvalenze, ne so hai fatto fallire una società tipo Trump, che sta compensando minus da dieci anni ad esempio, vabbè. E quindi là ha un senso avere un commercialista di quel tipo. Il nostro sistema non è fattibile e poi il problema è che il dichiarativo magari è tipo ciao De Giro, che ti sbaglia il rendicontazione annuale tre volte ogni anno

Nicola 

[ 00:41:46 ] Però dico se è semplice a quel punto lì te lo puoi fare da solo no? Comunque, io il consiglio vero che volevo darvi è il un film sulla storia di Research in Motion RIM, che era la società che faceva il BlackBerry. C’è questo film su, io l’ho visto su Paramount Plus, non lo so dov’è in Italia, penso su Paramount Plus c’è in Italia. Paramount Plus, sì, sì, sì, c’è!

Comunque, io l’ho fatto sto mese solo perché volevo guardarmi The Agency e poi mi hanno inculato perché non c’erano le puntate e non c’erano le puntate e le hanno dilazionate così mi hanno fatto pagare a due mesi anziché un mese, quello che volevo pagare io. Bastardi! Però, questo film io me l’ero messo in lista da un po’. E quindi era gratis a questo punto, sunk cost fallacy, e via. Comunque è fatto benissimo, cioè. La storia fa anche morire da ridere, nel senso che loro hanno avuto questa esplosione di successo perché appunto avevano inventato banalmente il primo smartphone non so come chiamarlo. Poi sono stati distrutti da Apple quando è uscito l’iPhone e non so se è anche una cosa che mi sta un po’ vicina, perché io lavoravo da Nokia quando Nokia ha venduto la sezione dei telefonini a Microsoft e me la ricordo ancora quella mattina là. Cioè, perché io poi come al solito il mio atteggiamento sul lavoro è che non me ne fregava un cazzo, però tutti quelli intorno a me cioè era un cambiamento epocale, perché anche perché poi loro si hanno vissuti pure gli anni quelli potenti di Nokia e praticamente quello era era la fine, cioè proprio segnava la fine di tutto quel capitolo là.

Vittorio 

[ 00:44:02 ] Io ho trovato questo podcast che si chiama 1989, che come potrete immaginare parla della caduta del muro di Berlino e lo fa però in una maniera molto divertente, perché associa diciamo il ruolo della musica alla caduta, come ad esempio quella che è stata l’apertura dopo di Gorbaciov. Poi vennero fatti tutta una serie di concerti metal a Mosca e in particolare di come questa apertura, diciamo al mondo occidentale, in realtà ha dato pure una bella sbotta proprio a tutto il mondo dell’est. Fa anche vedere come si è svolto, diciamo, questa caduta a cascata, la spiega in una maniera molto diversa, meno noiosa, del solito andando a prendere anche degli aspetti che sinceramente pur essendo appassionato di storia, non conoscevo e peraltro aiuta pure un po’ aiuta a imparare a contestualizzare un po’ la lotta di molti paesi che ora sono in Unione Europea e che se la sono veramente sudata nonostante alcuni pirla che magari hanno eletto oppure che continuano a sostenere diciamo delle ideologie o dei mondi un po’ così de merda fondamentalmente.

Alain 

[ 00:45:06 ] Io vi consiglio Dance Discovery, che è tra le pochissime newsletter che seguo. Pendo quella è quella di Finanza Cafona, guarda che assist ragazzi. Parla di tecnologia, arte, urbanistica, sostenibilità, cioè è molto molto varia, un bel po’ di cose interessanti e poi soprattutto le prende da una prospettiva molto umana, diversa dal solito. È utile vedere il mondo da un punto di vista diverso, visto che parlavamo di bias, magari vedere un’altro punto di vista ci sta.