In questa puntata di Too Big To Fail andiamo a fondo sul concetto di probabilità statistica, quanto vale, quanto è attinente alla realtà, quanto dipende da ognuno di noi e come non scottarsi usandola. E lo facciamo da sobri!
I consigli di oggi:
Nicola: Sonic Boom
Vittorio: The Journalai
Alain: Non perderti in un bicchiede d’acqua di Richard Carlson
LA PROMO
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Cose nominate (forse):
- Lavorare con i dati storici delle borse
- Cosa è il VAR
- Il sito di Pasquale Cirillo
- Podcast La logica del rischio
- De Finetti
- The Case Against Reality di Donald Hoffman
- Old School
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Ascoltala qui:
Trascrizione della puntata
Ebbene sì, c’è chi si è smazzato la sbobba per te pur di permetterti di cercare al volo se abbiamo nominato Cicciolina. Chi è quel santo? Clipto, che spacca i culi nel trascrivere audio in testo, anche in italiano. E non lo diciamo perché ci pagano l’obolo se ti abboni. O forse sì? Puoi scoprirlo nella settimana di prova. Ora bando alle ciance altrui e passiamo alle ciance nostre.
Vittorio
[ 00:00:45 ] Io ho una laurea di cartapesta in scienze politiche e quando feci l’esame di statistica veni miseramente bocciato alla prima volta. Quindi oggi mi sento un po’ tipo Melissa Satta quando random ascoltano una riunione del progetto Manhattan sperando di capirci qualcosa. Nonostante ciò, io sono molto orgoglioso di presentare come ospite il, in realtà, collega di podcasting della logica del rischio, ma soprattutto professore all’Università di Zurigo, Pasquale Cirillo.Pasquale
[ 00:01:14 ] Ciao, buonasera, buongiorno, sia si fase della giornata sia.Vittorio
[ 00:01:19 ] Ciao. Ci confermi comunque prima di tutto che hai una cattedra vera?Pasquale
[ 00:01:24 ] Ho una cattedra vera, ma devo correggerti sulla filiazione. Il Canton Zurigo ha due università, io sono nella ZV, io sono nella Business School della ZV, ZV School of Management and Law. È una delle due università cantonali, noi siamo quelli più applicati.Vittorio
[ 00:01:43 ] Ok, ok.Pasquale
[ 00:01:43 ] Dal 2021 professore di Data Science, perché ora dire statistica non è abbastanza cool, quindi bisogna dire Data Science, io mi occupo di probabilità applicata e in particolare mi occupo di rischio. Nel mio lavoro uso tutta una serie di strumenti che vanno da quelli più classici, diciamo della statistica descrittiva, quella che non è considerata cool, fino alle cose più moderne, quindi al machine learning e in particolare per quanto riguarda il rischio mi occupo del rischio di coda, quindi degli eventi estremi, rari, delle anomalie. Quindi più recentemente mi sono interessato, mi sto interessando a trovare in dataset multidimensionali quindi in grandi quantità di dati su tante variabili le cosiddette anomalie per capire se c’è un’osservazione che è molto diversa dalle altre e poi cercare di capire se tale osservazione molto diversa dalle altre è un errore di registrazione, un errore dovuto a qualsiasi motivo, o se è un estremo, quindi qualcosa che rappresenta un evento possibile, ma molto raro. Quindi per farvi capire, un’anomalia sarebbe registrare l’altezza di una persona di 6 metri, che sappiamo essere non possibile, quindi la nostra fisiologia non permette un’altezza di 6 metri per un individuo, quindi se il mio algoritmo trova 6 metri, poi mi dice probabilmente questo è un errore di trascrizione, qualsiasi sia la motivazione, mentre trovare una persona di due metri e mezzo è sicuramente qualcosa che non osserviamo comunemente, ma sappiamo essere possibile, quindi è già più facile dire non è probabilmente un errore, può essere che c’è questo spilungone o questa spilungona nel dataset, Anche perché sappiamo che l’uomo più alto del mondo è stato di due metri e sette, quindi due metri e cinque è raro.Nicola
[ 00:03:43 ] Tu parlavi comunque del podcast che si chiama, io non lo so, io ho questa deformazione professionale, li ascolto in inglese anche quando sono fatti da un italiano, The Logic of Risk o La Logica del Rischio. E uno degli episodi di questo podcast si intitola proprio Probability Does Not Exist. Secondo me è un buon punto da cui cominciare questa conversazione.Pasquale
[ 00:04:08 ] Sì, La Logica del Rischio è stato il primo podcast in italiano e più recentemente ho deciso di farne una versione in inglese, appunto Probability Does Not Exist, che esiste anche in italiano, la probabilità non esiste, ed è una famosa citazione di Bruno De Finetti. Bruno De Finetti era uno dei maggiori statistici e probabilisti italiani del Novecento, è morto negli anni Ottanta, quindi non stiamo parlando di qualcuno di ere geologiche fa. Ed è uno degli statistici italiani che più ha influenzato la probabilità, alcuni suoi risultati come appunto la definizione di scambiabilità, il teorema di scambiabilità sono teoremi che vengono utilizzati quotidianamente dai probabilisti. Lui era un soggettivista, un soggettivista in teoria della probabilità è colui che pensa che la probabilità non esista al di fuori dell’individuo. E che la probabilità sia qualcosa che noi utilizziamo per gestire la nostra mancanza di informazione, la nostra incapacità di comprendere tutte le sfumature del reale. Quando c’è qualcosa al quale io non so dare una perfetta descrizione deterministica, quindi se succede A allora B allora C e quindi riesco a fare una concatenazione precisa di eventi, cosicché da un punto 1 posso arrivare al punto 2.000, ma vedo solo che ci sono delle connessioni, ma non mi sono particolarmente chiare e non è per me facile descrivere completamente il modello, allora vedo che con una certa probabilità determinati esiti si manifestano altri esiti non si manifestano e per un soggettivista questa probabilità è qualcosa che dipende da me, non è qualcosa che esiste al di fuori di me, non è un attributo oggettivo dell’esistenza, non è qualcosa che esiste di per sé, ma qualcosa che dipende da ognuno di noi. Quindi nel dire la probabilità non esiste De Finetti essenzialmente ci dice che non esiste in quanto quantità oggettiva che esiste di per sé. Se tolgo l’individuo, se tolgo l’essere umano, la probabilità non esiste. Nella natura non esiste alcuna cosa che si chiami probabilità. Nel fare questo ovviamente lui era critico rispetto ai cosiddetti oggettivisti. Questi sono coloro che ritengono che la probabilità sia una proprietà della realtà, che noi cerchiamo di studiare, di approssimare con tutti i nostri limiti, ma esiste. Un soggettivista dice che non è vero, non esiste al di fuori della mia testa, della tua testa e della testa di quelli che ci ascoltano, al punto che ognuno di noi può avere una diversa definizione di probabilità, una diversa misura di probabilità per descrivere lo stesso evento. Nessun oggettivista nega che noi possiamo avere come individui le nostre visioni, ma per un oggettivista esiste una probabilità giusta. Poi ognuno di noi può essere impreciso, non essere in grado di carpirla, ma esiste. Per De Finetti, non esiste al di fuori di me.Vittorio
[ 00:07:07 ] C’era un concetto filosofico simile, che diceva che Dio era un cerchio e invece praticamente la conoscenza degli esseri umani è una sorta di ottagono. Quindi praticamente alcuni lembi di realtà uno li può cogliere perché gli angoli arrivano a toccare, diciamo, il cerchio, ma comunque una parte rimane ignota alle persone.Pasquale
[ 00:07:27 ] È la grande divisione tra oggettivismo e soggettivismo che permea appunto la filosofia, ma direi quasi tutto il sapere umano, per cui è anche la distinzione tra i nominalisti e gli anti-nominalisti. Ma le idee esistono di per sé? Non esistono di per sé: sono nostre creazioni. L’idea astratta di triangolo esiste o è solo qualcosa nella mia testa? Si ritorna sempre si ritorna indietro a Platone, al mito della caverna: è sempre stato così. E la probabilità che è una branca della matematica che si occupa appunto di cercare e gestire il caso; non poteva essere immune a questa distinzione. Poi ci sono anche i pontieri, ci sono anche quelli che cercano di fare una sintesi, a mio avviso non proprio riuscita, di qualcosa che ha una componente soggettiva, però c’è anche una componente oggettiva; ma non funziona. Io sono un soggettivista, quindi per me la probabilità oggettiva non esiste, è proprio perché noi ci convinciamo che esista la probabilità come qualcosa di oggettivo, che poi vediamo tanti problemi, tante stime che non funzionano, gente che ci rimane male.Nicola
[ 00:08:44 ] A me ricorda abbastanza il dibattito che c’è tra efficient market hypothesis e behavioral finance. Ad un certo punto è vero che magari i mercati non sono totalmente efficienti, però io penso che per l’uomo della strada sia meglio assumere che i mercati siano efficienti. Uno dei pericoli che vedo, come ti scrivevo, di andare full De Finetti, forse porta un po’ troppi rischi, nel senso di essere troppo soggettivi e quindi eliminare l’oggettività. Mi piacerebbe sapere qual è il tuo punto di vista rispetto a quello che hai detto.Pasquale
[ 00:09:23 ] In realtà noi andiamo ogni giorno full De Finetti per utilizzare la tua espressione, cioè noi ogni giorno nella nostra vita con tutte le scelte che facciamo non siamo mai oggettivi. Ci possiamo illudere di essere oggettivi, ma non è così. E la cosa interessante è che anche le scienze cognitive ci dicono che molto probabilmente, la realtà, per come la percepiamo, quello che noi consideriamo la realtà, quindi io che vedo il viso di qualcuno, vedo un albero, vedo un insetto, In realtà non sto vedendo realmente qualcosa che esiste esattamente nei termini in cui io lo vedo. E c’è un bellissimo saggio, l’autore è Donald Hoffman e si chiama The Case Against Reality. E lui è un neuro-scienziato che ritiene che essenzialmente il nostro cervello, nel momento in cui ottiene stimoli dall’esterno, si crea nella testa un’immagine della realtà che è sempre un combinato tra lo stimolo e una pre-immagine che è nella nostra testa ed è una pre-immagine che si crea con la nostra esperienza al punto che lo sappiamo benissimo, noi possiamo essere facilmente ingannati. Sapete, la famosa immagine: è una papera o è una ragazza? Esattamente questo perché alcuni di noi vedono una papera, altri vedono una ragazza e tutto questo è dovuto a fare qual è la realtà. C’è una papera? C’è una ragazza? Le neuroscienze iniziano a dirci che forse questa oggettività non esiste. Questo vuol dire che non esiste una realtà tangibile, ma che è quello che noi percepiamo come realtà, in realtà sia meno reale di quello che noi crediamo essere. Tornando al tuo discorso sui mercati efficienti, NI. Nel senso, i mercati efficienti, sì, belli, funzionano, finché i mercati sono in periodi di buona. Poi quando Trump si sveglia e comincia a dire ‘metto dazzi’, tolgo i dazzi, metto i dazzi, tolgo i dazzi, oppure qualcuno decide di invadere un paese a caso. Semplicemente un evento che non ci aspettavamo. Tutte queste cose, se ci illudiamo, i mercati efficienti sono questi, che poi in realtà i mercati efficienti nascono proprio perché sappiamo della nostra soggettività. Perché io decido di passare dalla misura di mercato, la misura fisica, alla misura rischio neutrale sulla quale è basata il calcolo, che ne so, di una call o di una put nel modello di Black & Scholes? Semplicemente perché so che noi siamo tre. Quindi c’è Vittorio, c’è Nicola, c’è Pasquale. Ognuno di noi ha un’aspettativa di prezzo, ha un’aspettativa di rendimento, ha un’aspettativa di volatilità, ha un’aspettativa di andamento del mercato e quindi sì, potremmo metterci lì e cercare di iniziare a contrattare tutti e dire: ‘Senti Vittorio, per te quant’è la volatilità? Non lo so, 20%, ecco no, per me 15 e per te Nicola 27. Allora qui iniziamo a contrattare, ma questo porta via un sacco di tempo. Quindi, che cosa facciamo? Ci creiamo un mondo fittizio che non esiste, il mondo rischio neutrale, che essenzialmente è una grande media delle nostre aspettative, in matematica finanziaria lo puoi vedere come una grande media delle nostre aspettative, che diventa una sorta di punto di partenza su cui tutti siamo d’accordo, perché diciamo ok, se facciamo questa assunzione, assumiamo che siamo tutti belli, siamo tutti ricchi, tutti con gli addominali, tutti intelligenti, tutti abbiamo quel che vogliamo, allora il prezzo è questo. E allora io dico vabbè sì, se siamo tutti belli, tutti ricchi, tutti con gli addominali, il prezzo è questo. E Nicola dice vabbè se siamo tutti belli, il prezzo è questo. Vittorio dice vabbè il prezzo è questo. E allora abbiamo un punto di riferimento. E da lì partiamo. E anche nei mercati efficienti qui, quindi nella andiamo a prenderci tutta dalla teoria di Markowitz in poi, è tutta una cosa del genere. Noi partiamo, ci creiamo un universo di riferimento dal quale poi iniziamo a contrattare, ma poi lo sappiamo che nei mercati tutti i giorni difficilmente le opzioni vengono scambiate esattamente al prezzo teorico al quale sono valutate. Perché? Perché poi ci sono le frizioni, nel modello teorico non ci sono costi di transazione, non c’è questo, non c’è quello, e nella realtà ci sono. Ci aggiustiamo quindi anche il fatto che due persone possano avere due visioni di probabilità diverse perché sono soggettive in realtà non è un problema, perché innanzitutto uno potrebbe avere più informazioni a disposizione. Quindi mettiamo che io debbo stimare la probabilità di un evento e di quell’evento non so nulla, mentre c’è un’altra persona che è espertissima di quel determinato campo, è ovvio che la stima di quella persona probabilmente è migliore della mia, eppure io posso elicitare, si dice tecnicamente, posso esprimere la mia probabilità sull’evento. Poi cosa vedo? Vedo che nel fare le mie previsioni io sono più delle volte in errore, mi sbaglio, mentre quell’altra persona ci azzecca. Allora incomincio a dire vabbè, ma se questa persona ci azzecca perché ci azzecca? Quindi mi informo cerco di avere le stesse informazioni se non riesco perché per avere quella stessa capacità dovrei aver studiato 20 anni qualcosa e io non ho il tempo di farlo, vabbè inizio a copiare quella persona ed è razionale farlo. E quindi uno scambio di informazione che può essere più o meno volontario, perché io posso anche dialogare con l’altra persona, quindi posso cercare di capire le informazioni, o involontario, nel senso inizio a copiare il comportamento dell’altra persona, e lì c’è anche tutto il discorso sulle preferenze rivelate, le probabilità rivelate, e anche il discorso che se io vedo come definiti la probabilità come risultato di una scommessa, quindi cos’è la probabilità? Io ti dico, vabbè c’è questo evento, diciamo, l’evento è domani piove. Entri con me in una scommessa per cui: se domani piove io ti do un euro e tu oggi per entrare in una scommessa mi dai una percentuale dell’euro quindi oggi mi dai 20 centesimi. Se l’evento non si manifesta ti do 1€, se non si manifesta hai perso i 20 centesimi. Se tu mi dici di sì allora io posso iniziare a pensare ok, allora sto stimando la probabilità intorno al 20%. Saresti d’accordo ad andare a 30 centesimi? Se dici di sì, probabilmente stimi che quello possa avvenire. Certo, investire oggi 1,50€ per averne uno domani non ha senso, quindi automaticamente non investirai più di 1€. Probabilmente c’è gente che è capace di fare anche questo! Così come non ha senso investire un ammontare negativo perché un ammontare negativo vuol dire che io ti do 20 centesimi e poi domani ti do anche un euro, quindi insomma da quel punto di vista lì non sarei io particolarmente intelligente. Se noi iniziamo a fare in questo modo e quindi uno dà una proprietà del 20% vede che un altro la dà del 30% e dici: ‘vabbè, per ora siamo vicini’. Poi quell’altro la dà del 60% perché la dà del 60%, ma in realtà è quello che facciamo tutti i giorni, cioè quando uscite.Nicola
[ 00:16:57 ] Ma non è la logica del mercato questo. Quindi il fatto di avere un mercato aiuta e quindi tra virgolette scopri o ti avvicini perlomeno a una realtà.Pasquale
[ 00:17:15 ] Ovviamente quella è l’idea; l’idea è che se noi vivessimo in un mondo ideale in cui tutti hanno accesso alle stesse informazioni, in cui tutti hanno più o meno le stesse capacità di calcolo cognitive chiamiamo in cui tutti hanno le stesse scale di valori. Perché la cosa fondamentale è questa. Cioè, una cosa che rende la probabilità soggettiva è che io in realtà non la posso neanche slegare dalla sua componente assiologica, quindi dalla scala di valori. Perché se io devo calcolare la probabilità di un evento, ovviamente se quell’evento è un evento positivo o negativo, impatta sulla mia valutazione dell’evento stesso. E cos’è positivo, cos’è negativo? È soggettivo. Non c’è qualcosa che, sì, possiamo dire che perdere la vita probabilmente è negativo per te, ma c’è anche chi si suicida. Quindi in quel momento lì sta valutando la perdita della vita come non necessariamente peggio di altre alternative, altrimenti non si suiciderebbe. E questo ovviamente non è incentivare la gente a farsi fuori, però non è così scontato.Sì, in teoria un mercato potrebbe nascere. Però allo stesso tempo non sarà mai un mercato efficiente, perché sappiamo che nessuno ha accesso a tutte le informazioni, che non siamo tutti uguali, che non abbiamo le stesse capacità, che non abbiamo avuto le stesse opportunità di formarci, le stesse esperienze di vita, perché ovviamente se io sono abituato a vedere certe cose, mettiamo anche banalmente la neve, io sono abituato fin da piccolo a vedere la neve, per me la neve è una cosa naturale. Se prendo qualcuno che è nato in un paese tropicale e la neve non l’ha mai vista, la prima volta che vede la neve dice ‘e cos’è?’. O magari la conosce perché l’ha vista in un libro, però non ha una percezione che cos’è la neve, la neve sulla pelle. Lo stesso modo io posso trovarmi ai tropici, ai Caraibi e vedere una cosa che non ho mai visto prima, quindi anche se partissimo con le stesse capacità, in realtà non avremo mai lo stesso background culturale di conoscenze e questo non può che impattare le nostre stime di probabilità, le nostre stime di rischio e così via.
Sì, mercati efficienti… ma non esistono semplicemente non esistono. Esistono finché tutto va bene, poi automaticamente quando tutto va male tutti si volatilizzano non esistono più e chiedono soldi pubblici perché qualcuno ci deve aiutare.
Nicola
[ 00:19:52 ] Però magari in quella logica avendo un mercato che ha in intrinseco nella funzionalità del mercato un incentivo o un incentivo a diventare più bravo, se voglio partecipare al mercato ci sono anche degli attori che magari sono al di fuori del mercato però che appunto non sanno niente. Però quel mercato lì attraverso quegli incentivi gli dà un’idea, un’idea più informata. Diciamo che io voglio sapere se domani pioverà e appunto De Finetti mette in piedi quel mercato lì con altre persone. De Finetti mette anche un incentivo monetario, se io non so niente, però guardo come queste persone scommettono e posso avere un’opinione più informata, guardando come queste persone agiscono.Pasquale
[ 00:20:42 ] Assolutamente sì, ma è quello che facciamo. Per esempio, noi sappiamo benissimo che a livello di previsioni meteo, i modelli meteorologici che abbiamo sono piuttosto affidabili, anche se non al 100%, perché se no non ci saremmo sempre a lamentare. Ma avevano detto che a Pasquetta non piove, invece piove. Però questi modelli hanno una buona affidabilità, cosa succede? Io Pasquale non sono in grado di gestire questi modelli, non li ho mai studiati. Non ho quelle informazioni, non ho quella capacità di calcolo che serve per gestire, quindi stiamo parlando comunque insomma anche proprio a livello di macchinari di capacità di calcolo particolare, di tempi di calcolo, di complessità e quindi cosa faccio? Guardo le previsioni meteo e sulla base di quelle poi dico va bene, sulla base della previsione meteo Pasquetta c’è il sole, però poi mi guardo indietro e guardo. Piove sempre a Pasquetta, non so perché io devo andare in vacanza e piove. E quindi dico sì, vabbè, questo mi dice che c’è il sole, però forse c’è il sole, ma…. Con una priorità più bassa di quella che questo tizio in uniforme mi dice. Ho torto, ho ragione, ora su una valutazione di questo tipo chi se ne frega, però è quello che facciamo in continuazione, cioè anche quando chiediamo consigli a qualche amico, ai genitori, al partner, alla partner, per sapere tu cosa ne pensi. Prendi delle informazioni, poi alla fine facciamo la nostra scelta. E così è un po’ per tutto.Vittorio
[ 00:22:20 ] Ma è con questo quello che intendi, che bisogna prendersi dei rischi e che però questa scelta è sempre soggettiva, diciamo. Cioè, il rischio è prendere proprio la decisione, valutando le varie informazioni che tu capti dal mondo diciamo?Pasquale
[ 00:22:31 ] Beh, allora io parto dall’idea che poi non è una mia idea ma è un’idea che condivido fortemente, che il rischio è qualcosa di estremamente soggettivo per diversi motivi. Ora, cos’è il rischio? Il rischio è il fatto di subire una determinata conseguenza negativa può andare dal perdere del denaro, spaccarsi una gamba, a essere lasciati a farsi del male, quello che volete. Ovviamente, non con certezza. Però se io faccio una scelta, questa scelta può potenzialmente generare un danno e questo danno è qualcosa che non avviene con certezza, ma può generarsi così come non può generarsi. Beh, questa definizione è altamente soggettiva perché abbiamo detto finora che la probabilità è soggettiva. Io non la conosco l’oggettiva probabilità, perché non esiste, ma anche se esistesse, io non la conosco la vera probabilità che questo evento si manifesti o no e anche il danno è soggettivo, perché se io perdo 1.000 euro, non sono contento, se Bill Gates perde 1.000 euro, sì, magari non sarà contento, ma non se ne accorge neanche, cioè Elon Musk che perde 1.000 euro, quello ne perde una quantità, poi soprattutto in questo periodo quindi insomma, 1.000 euro non gli cambiano la vita. Per una persona che guadagna 1.000 euro al mese, perdere 1.000 euro. È una tragedia ma al di là della soggettività del rischio, se tu non fai nulla.Se noi prendiamo i nostri proverbi, ce n’è uno che conosciamo tutti: ‘chi non risica non rosica’. Risica viene dal toscano ‘risicare’, che significa ‘rischiare’. Quindi chi non rischia, chi non risica, chi non rischia non rosica. Non ottiene nulla da poter anche semplicemente rosicare, da mangiare. Quindi anche il non fare nulla in realtà è un’attività rischiosa. Perché? Perché sicuramente perdo delle opportunità se io non faccio nulla, magari non mi succede nulla, che poi non è vero, perché anche lì faccio sempre l’esempio. Io me ne posso stare sul mio letto apatico tutto il giorno, perché dico se esco di casa, mi succede questo; se esco di casa, mi succede quello e poi avviene un terremoto e mi crolla il tetto in testa. Quindi non è che io abbia questa sicurezza che non mi possa succedere nulla se sto in casa. Poi sicuramente perdo opportunità e poi in realtà, il rischio, se guardiamo al cristianesimo, c’è tutta questa discussione sul libero arbitrio. Che cosa distingue noi da un animale? Che cosa ci rende uomini? Che cosa abbiamo guadagnato? Il libero arbitrio. Perché io mi devo comportare bene e so che mi devo comportare bene, se no vado all’inferno? Perché so che sulla base delle mie scelte potrei fare qualcosa di sbagliato, ma tutto questo ha senso se lo posso fare, perché se qualcuno ha già deciso esattamente da quando nasco a quando muoio e io non ho nessuna scelta, automaticamente ho una scusa, cioè io ho fatto così perché dovevo fare così, non è che l’ho voluto fare io, qualcuno aveva già deciso che io avrei fatto così, quindi ho ammazzato sta persona e io dovevo farlo, o ho fatto questo e io dovevo farlo, cioè quindi in realtà il rischio è la massima espressione della nostra libertà, cioè il fatto che nel fare qualcosa, che possibilmente, ripeto, non dandosi una martellata sul dito, facendo qualcosa posso avere un’opportunità, posso progredire, posso guadagnare qualcosa, posso ottenere qualcosa che mi interessa. E come contro-moneta mi espongo anche a qualcosa di negativo. Quindi quando io guido la mia macchina, lo faccio perché mi permette di muovermi, mi permette di andare dal punto A al punto B in un modo efficiente, allo stesso tempo so benissimo che mi espongo al rischio di incidenti, al rischio di stare per ore in coda, al rischio di qualsiasi cosa. Di ascoltare musica tremenda in radio sono tutte cose che io valuto e se valuto che il vantaggio che ottengo è superiore a quello che potenzialmente potrei perdere, decido di guidare la macchina. Se invece faccio i miei calcoli e dico ‘ma ora il servizio meteorologico mi dice che c’è un uragano fuori dalla porta e io in macchina devo andare a comprare un chilo di mele’, forse il vantaggio di andare a comprare un chilo di mele non mi bilancia uscire dalla porta e rischiare di morire, quindi non ci vado. Ora, per fare un esempio abbastanza sciocco.
Nicola
Come riconcili questa soggettività della probabilità e il fatto che io penso tu usi dei modelli nel tuo lavoro, diciamo di tutti i giorni.
Pasquale
Beh nasce dal fatto che chiunque abbia studiato un minimo di statistica sa che lo stesso tipo di risultato, lo stesso tipo di risposta che vogliamo dare a una determinata domanda può essere ottenuta in tantissimi casi con modelli alternativi. E quindi, che modello uso? Una regressione lineare? Possibile. Un albero decisionale? Possibile. Voglio scomodare una random forest, una foresta aleatoria possibile, una rete morale sì vabbè come uccedere una zanzara con un bazooka ma lo posso fare e quindi se io scelgo di usare una regressione lineare e tu scegli di usare un albero decisionale, chi ha ragione? È già una scelta soggettiva, quindi sì, verosimilmente otteniamo risultati compatibili, ma difficilmente otterremo esattamente lo stesso risultato. Chi ha ragione e chi ha torto? Non è così facile da dire, non è così semplice dire. Quindi anche questa cosa, sì, esistono un’infinità di modelli. Ad esempio, io so che se voglio studiare il peso di una persona come variabile numerica continua, certo non uso una regressione logistica. Perché? Perché so che in quel caso non si usa. Cioè, è un modello che uso per un altro tipo di problema quindi in quel caso, se due persone hanno studiato un minimo di statistica, diciamo che apofaticamente sulla base di quello che non si fa concordano nessuno dei due utilizzerebbe la logistica. Ma tra le alternative possibili, se io devo scegliere tra una regressione logistica e una probit, io non credo che esista nessuno che mi sa dire meglio questo o meglio quello. Alla fine è una questione di gusti. Uso questa perché questa la interpreto meglio, uso questa perché ho imparato per prima a usare questa e mi sta più simpatica, uso questa perché la funzione che uso in Python o in R mi piace di più, perché la sintassi è più semplice, perché la persona alla quale la devo spiegare, conosce questa e non quella. Quindi se sono più o meno equivalenti, quale scelgo? Quella che mi è più congeniale. È ovvio che se devo scegliere un modello, cercherò sempre di scegliere il modello che funziona, ma che allo stesso tempo è anche più semplice da spiegare al cliente. È inutile che gli arrivo lì con una cosa che poi lui o lei non capiscono e che quindi non useranno mai.
Quindi anche questa illusione che esista, l’oggettività… ci sono delle procedure. Ci sono determinate situazioni in cui le procedure sono così ben sviluppate e sappiamo che è la cosa migliore da utilizzare e che la usiamo tutti. Ma ci sono anche tante altre situazioni in cui ci sono possibili alternative e l’una non è necessariamente meglio dell’altra, non è che possiamo fare un ordinamento di qualsiasi tipo in cui diciamo questa è sicuramente meglio di quella, ci sono dei casi in cui posso dire questa è sbagliata, quindi se tu mi vuoi usare questa cosa come la logistica per misurarmi il peso delle persone, no. Però la stessa logistica la potrei utilizzare per misurare il peso delle persone se la domanda fosse ‘Tizio’ pesa più o meno di 50 kg, allora ho trasformato una variabile continua in più o meno 50 kg quindi 1/0: più 1, meno 0 e allora posso usare una logistica. Ma in quel caso non utilizzerei più una regressione lineare mi spiace ma l’oggettività non esiste.
Vittorio
[ 00:30:43 ] Ma questo dici che c’è un problema, magari anche nell’uso che tanti fanno di queste analisi, cioè che comunque sono tutti i metodi, non dico fallibili, però che comunque hanno una limitatezza, cioè se già non puoi vedere non è una realtà oggettiva, anche i metodi che usiamo per cercare di stimare quella probabilità comunque sono viziati da una soggettività, può essere anche questo il problema?Pasquale
[ 00:31:04 ] Noi siamo tutti d’accordo, spero, del fatto che ogni modello è un’approssimazione del reale, cioè un modello non è una mappa 1 a 1 del reale. Perché? Perché ovviamente non sono in grado, per tantissimi motivi, di calcolare tutto, considerare tutto; però non è un problema di tanto di soggettività, è proprio il fatto che ogni modello è soggetto a quello che si chiama tecnicamente rischio di modello, ovvero di utilizzare il modello sbagliato per studiare una determinata cosa. Ora ci sono dei casi in cui il rischio di modello è evidente, quindi se torno all’esempio di prima, se io ti dico che non ha senso usarne una regressione logistica per modellizzare una variabile numerica continua, lì non è un rischio di modello, sei tu che sei sciocco, io ti ho detto che non serve, ti posso dimostrare che non serve se poi lo vuoi usare problemi tuoi, allora là sì forse la soggettività ma più che altro è una soggettività problematica, diciamo così.Nicola
[ 00:32:00 ] Questo mi viene in mente nel senso quando Pasquale il consulente va dal cliente o vuole trovare un cliente, insomma tu porti un certo tipo di esperienza che dici sono meglio di XYZ. Non diventa quel punto là cioè, comunque non ci sono dei criteri oggettivi. Perché altrimenti uno potrebbe dire: vabbè, comunque la visione di un certo, la modellizzazione, chiamala come vuoi, di un certo evento può essere fatta in tanti modi e quindi portando il ragionamento all’estremo, uno potrebbe dire: vabbè, allora perché mi serve tra virgolette un esperto?Pasquale
[ 00:32:46 ] Beh, perché l’esperto, innanzitutto, rispetto a chi non è esperto sa già quali sono i modi che sicuramente non funzionano. Quindi ti ripeto, nel mio esempio di prima, se qualcuno utilizza un modello che sappiamo non funzionare per modellizzare una determinata quantità e lo sappiamo non perché l’ho deciso io, ma perché dietro a tutti questi modelli statistici comunque ci sono teoremi, ci sono risultati matematici che sono poi certamente basati su assunzioni. Quindi anche quello è un problema, perché tanta parte della statistica matematica si basa su teoremi che sono teoremi matematici e in quanto tali li posso considerare veri. A meno che qualcuno non mi dimostri che siano errati, se fatte le assunzioni in modo deduttivo riesco a dimostrare un determinato risultato, nel mondo ideale di quel teorema quella è una realtà e non c’è molto da stare a discutere. Se io riesco a dimostrare che il risultato è questo, la matematica mi garantisce che quel risultato all’interno del suo mondo è vero, però magari quel risultato mi richiede di avere un’infinità di dati e nella realtà non esiste un’infinità di dati. Un’infinità di dati vuol dire più infinito. In realtà non esiste più infinito, infatti anche questo è un altro dei punti di De Finetti. Quando la gente dice per un tempo infinito e lui ti dice ‘sì, ma te muori prima’. Quindi l’esperto, ad esempio, mi potrebbe saper dire: ‘Sì, è vero il teorema, mi richiede un’infinità di dati’, ma nel tuo problema specifico l’infinità si può limitare a un numero molto alto e quel numero molto alto è più o meno questo. Che è sicuramente grande, ma non certo più infinito. Oppure, in quest’altra situazione, in realtà non ho neanche bisogno di un’infinità di dati perché so che il tuo fenomeno è un fenomeno caratterizzato da un determinato tipo di comportamento, che so perché tante altre persone l’hanno studiato, io l’ho studiato, ho appreso da queste persone, tramite libri, insegnanti, quello che ti parlo, che funziona così, quindi rispetto a qualcuno che non lo sa, io ho questa capacità in più. Ti so dire che questo non lo so, lo devi fare perché è sbagliato. Poi se vogliamo pensare che gli esperti siano persone che non sbagliano mai, allora quello è un problema, perché non è vero.Nicola
[ 00:35:03 ] No, no, beh, quello è ovvio, però nel senso io più che altro tenderei a considerare ad esempio più come oggettiva una tua stima che una che mi fa Vittorio.Pasquale
[ 00:35:13 ] Ma non è oggettiva, in realtà gli sbagli perché non è oggettiva. È corretta con maggiore probabilità. Cioè in teoria della probabilità non esiste nulla di certo, esistono cose che avvengono quasi certamente. Quasi certamente significa che avvengono con una probabilità di 1 o del 100% se vogliamo, ma il quasi sta a indicare che accadono con probabilità 1 se quella misura di probabilità che sto usando è giusta. Perché magari non è giusta e quindi quel che è certo sotto una determinata misura di probabilità che possiamo vedere come una determinata descrizione del mondo, se quella descrizione del mondo non è più quella vera, esageriamo quel termine vero, automaticamente anche quel 100% non è più 100%, magari è 99%, magari è 99.9%, però magari è completamente sbagliato e in realtà la vera probabilità è 20%. L’esperto è qualcuno che ha una buona conoscenza, si spera ottima, del suo campo, sa soprattutto quello che non si deve fare, sa soprattutto quello che non funziona, e perché è importante? Perché evita di perdere tempo con quelle cose. Non saprei dirlo in altro modo, quindi l’esperto, sì, gli esperti sono fondamentali, ma anche gli esperti si sbagliano. L’unica speranza è che si sbaglino meno frequentemente del non esperto.Nicola
[ 00:36:40 ] A me veniva spontaneo mentre parlavi di dire ‘beh’, ma tu stai cercando una sorta di realtà oggettiva facendo questo. Cioè nel senso, l’obiettivo è ovvio che non sarà mai oggettiva con la O maiuscola, però stai cercando di ottenere una stima.Pasquale
[ 00:37:00 ] Io sto cercando di ottenere qualcosa che sulla base del metodo scientifico sia il più difficile possibile falsificare. Voglio trovare qualcosa che sia affidabile al punto tale che, benché possibile e passibile di essere falsificata, non sia così facile da falsificare. E quindi vorrei poter raggiungere una precisione, un’affidabilità di alcuni risultati della fisica moderna, che poi sono un essere impossibile nelle scienze sociali, sicuramente non in finanza. Ma neanche in medicina, purtroppo, non possiamo ottenere ancora quel tipo di precisione, anche se sappiamo che poi all’interno della fisica stessa ci sono tutti quei simpaticoni della meccanica quantistica che mettono tutto in dubbio e dicono: ‘Sì, però forse è anche così’, ‘Sì, però forse è anche cosà’, e non riusciamo a mettere insieme il tutto perché è un gran casino. E parliamo della fisica che è considerata dopo la matematica, forse è la cosa più certa, la parte di conoscenza più sicura alla quale possiamo aggrapparci. Però sì, diciamo che ci abbiamo questo afflato, aneliamo all’oggettività, probabilmente sì, vogliamo essere oggettivi, ma non lo possiamo essere.Nicola
[ 00:38:23 ] A me ricorda il discorso del VAR, quello che fai tu, è ovvio che c’è gente che vede il VAR e dice: ‘Sicuramente è una misura di rischio e quindi non succederà mai quello.’ Però dall’altro lato, appunto, se tu vai da un tuo cliente, il fatto di poter usare un modello gli dà una visione migliore del non averlo. È ovvio che se tu lo prendi come una certezza è là l’errore.Pasquale
[ 00:38:51 ] Aspetta, aiutatemi voi. Com’è che Fantozzi definiva la corazzata?Ecco, il VAR. Il VAR è anche per il semplice fatto che il VAR, per uno statististico, a me fa accapponare la pelle perché il VAR è un quantile, cioè il VAR è un quantile, è un quantile, vuol dire tu mi dai una probabilità accumulata e io ti dico a quale valore sotto l’ipotesi che la determinata distribuzione sia quella giusta, corrisponda. Il VAR è il nome commerciale che si sono inventati quelli di JP Morgan. Nel 1997, quando dovevano vendere quella roba, quindi già richiamare una cosa che già esiste, la ri-brandizzo come direbbero nel milanese e te la vendo. Però è una cosa che esiste lì da secoli.
Il problema non è mai la misura, il problema non è mai la misura, il VAR, l’expected shortfall, la media, la varianza, quello che ti pare, qualsiasi misura. Sei tu e come la usi, eventualmente. Il problema perché è come la stessa cosa, il martello per infilare un chiodo nel muro è eccellente se te lo dai in testa… Il problema non è il martello, sei tu che te lo sei dato in testa. Il VAR lo stesso, il VAR mi dice quale può essere il valore limite tale per cui con una determinata probabilità mi aspetto qualcosa di più grande con una data per probabilità qualcosa di più piccolo. Dipende da quanto è affidabile la distribuzione che soggiace al VAR. Quindi, che sto assumendo. Dipende dalla qualità del dato. Dipende da tantissime cose. Quindi se tutto questo è qualcosa che tu puoi controllare, che mi puoi giustificare, la distribuzione verosimilmente è questa. Sulla base di informazione storica, sulla base di quello che posso pensare, sulla base analogica di quello che vedo in altri settori, potrebbe essere questo. So che io riesco a gestire perdite fino a un determinato livello, quindi a me interessa sapere qual è la proprietà oltre il VAR va benissimo io non ho nulla contro il VAR è quando ti impicchi all’uso del VAR perché magari lo impone il regolatore quindi in campo bancario tutti a calcolare il VAR perché? Perché me l’ha detto Basilea e quindi devo calcolare il VAR e magari non ci credi neanche però lo fai perché se me l’ha detto il regolatore lo devo fare perché se poi c’è un problema gli posso dire oh me l’hai detto te se invece non lo faccio lui mi dice ah ma non hai calcolato il VAR
Nicola
[ 00:41:34 ] Sì, l’uso che se ne fa.Pasquale
[ 00:41:35 ] Sì, è sempre l’uso che se ne fa. Il VAR va benissimo, risponde alla sua domanda. Se la risposta del VAR è l’unica che ti interessa, fai benissimo a usare il VAR. Il problema è che spesso non dovrebbe essere l’unica risposta che ti interessa. E quando ti illudi che sia l’unica risposta che ti interessa quella del VAR, e quindi ti stai impiccando al VAR, cioè ti stai facendo del male da solo, stai usando il martello e te lo stai dando in testa e poi ti lamenti perché ti fa male la testa ma non è colpa del martello però! Sì, magari è anche colpa del martello però…Nicola
[ 00:42:13 ] Perché hai deciso di fare un podcast? Nel senso che mi sembra il mezzo un po’ più complicato per parlare di questo tema.Pasquale
[ 00:42:23 ] Ma allora, è partito quasi per scherzo. Parlo di quello in italiano, poi quello in inglese e alla fine va bene. A me piace quello che studio, piace quello che faccio. Ho sempre avuto la passione per l’insegnamento, se no non farei questo lavoro. Una quindicina d’anni quasi che carico le lezioni che faccio e ho visto che diverse persone hanno incominciato a dirmi: ‘Ah lo sai, ho messo questo tuo video.’ Però lo tenevo in sottofondo, anche tu sei un depravato, perché ora va bene ma sentiti un po’ di musica, sentiti non lo so, un audiolibro. “No, ma in realtà si segue bene”. Ho detto vabbè, allora proverò a fare questo, proverò a fare questo podcast e in realtà è andato, è andato, va bene. Ovviamente bisogna mettere in conto una cosa, un podcast che parla di questi argomenti. Poi io, quando penso alle puntate, quando mi butto giù il canovaccio della puntata, cerco di essere rigoroso, cerco di non esagerare dando definizioni troppo teoriche che non servono, perché appunto non è una lezione in classe. Cioè, cerco di non sminuire, cerco di essere rigoroso. È chiaro che non sarà mai un podcast primo in classifica in Italia, ma neanche nei primi cento, neanche nei primi duecento. Però, quello in italiano è stabilmente il primo podcast ogni volta che esce una puntata, il primo podcast di matematica in Italia. Sono contento, c’è un sacco di psicopatici come me che ama ascoltare queste cose e è una nicchia anche grandicella a guardare gli ascolti.Nicola
[ 00:44:07 ] Perché, secondo me, stai facendo un lavoro molto importante, traspare molto la tua gioia nel parlare di queste cose, però è anche costruito bene, comunque anche il discorso di mettere le citazioni, anche il discorso di tenerlo a una determinata durata, e tutto questo per un argomento che secondo me è importante da divulgare.Pasquale
[ 00:44:33 ] È una cosa che ho imparato, ad esempio. Quello in inglese tendo a stare entro i 20 e quello è una cosa che ho imparato sbagliando invece in quello italiano, perché in quel momento all’inizio facevo magari quasi una lezione di un’ora e mi sono reso conto che lo vedevi, lo vedevi chiaramente, che la gente ti seguiva. Poi a un certo punto moriva e quindi nessuno sentiva la cosa più bella secondo me che dicevo negli ultimi 5 minuti. Sì, ti ringrazio, sono contento che piace. In realtà ho avuto anche qualche, anzi non l’ho mai ringraziato, ma mi è stato detto che Mr. Rip, che è anche un Youtuber abbastanza famoso, importante in Italia, ha citato il mio podcast come esempio di podcast in cui me ne frego del fatto che possa piacere o meno e faccio quello che interessa a me e trovo la mia nicchia di persone che non hanno nient’altro da fare, come ogni tanto gli ripeto, e che ascoltano me. Io spero che sia un podcast che, magari, cercano di ascoltare con un po’ di calma mettendosi lì, magari, pensandoci un po’, poi sai ognuno fa quello che vuole, usufruisce di quello che vuole come vuole. Però, ecco, certamente, magari non è il podcast che ascolti mentre fai Zumba o mentre corri, perché se io ti sto parlando di Reichenbach e ti sei perso chi è questo tizio oppure, magari, stiamo ragionando sulla sigma algebra, ti perdi la definizione di sigma algebra poi dopo diventa difficile. Però, poi, ognuno fa come quello che vuole, cioè nel senso spero che chi lo ascolta lo ascolti con un po’ di calma e che ci perda un po’ di tempo però sì, grazie ti ringrazio anzi ti ringrazio per l’invito molto molto apprezzato.Nicola
[ 00:46:17 ] Grazie a te, grazie a te, davvero grazie.POSTA DEL CUORE
Alain
[ 00:46:29 ] Ed eccoci alla posta del cuore. Ormai dovreste sapere dove contattarci e comunque c’è scritto nelle show notes, per cui non ve lo dico.La domanda numero 1 viene da Novelds92 su Spotify. Ciao ragazzi, siete mitici. Sto investendo su V80A, che sarebbe Life Strategy a 80% azionario, su Trade Republic tramite Pac free. Praticamente, ripeto, quanti acronimi di merda.
Nicola
[ 00:47:01 ] No, ma lascia la stampa sui acronimi di me.Alain
[ 00:47:04 ] Sto investendo su Life Strategy 80, su Trade Republic, tramite un pac gratuito. E ho intenzione di continuare finché la morte non mi separi. Se non per cambiare verso l’età pensionabile su un Life Strategy a 60% azionario. Per tutte le informazioni che ho appreso in questi anni, ovvero sì, essere più lazy e passivo possibile può essere una buona scelta o è meglio farselo da sé o un portafoglio così? Grazie mille per tutto quello che fate e dite, vi voglio bene.Nicola
[ 00:47:35 ] Allora due cose veloci: una è che avendo le due componenti nello stesso fondo a livello fiscale in Italia non ti fanno pagare le tasse quando ribilanciano tra un asset e l’altro perché è dentro. Però la seconda cosa, io vi metterei un po’ di angoscia a quelli che ascoltano, nel senso che a volte questi ETF non penso sia il caso di Vanguard, ma a volte questi ETF di ETF fanno pagare una fee per l’ETF che comprate e più tutte le fee degli etf che loro comprano. E magari nel documento adesso io non lo so come funziona con UCITS questa roba qua, ma sicuramente negli Stati Uniti la management fee che devono usare è quella del fondo che comprate voi, ma non quella dei fondi dentro. Il famoso Meb Faber che ha questo fondo globale che è fatto con altri fondi suoi e quel fondo lì ha una management fee di zero. E lui si bulla perché ha fatto un ETF con la management fee di zero, ma semplicemente perché lui si paga con gli altri fondi. Insomma dateci un occhio, non so appunto se è una roba che trovate nel kid o se dovete cercare da un’altra parte però informatevi, perché c’è sempre quel rischio lì che poi pensate di pagare 20 basis point e in realtà ne state pagando 40 o 60.Vittorio
[ 00:49:23 ] Questo era un po’ Il motivo per cui a me non è che mi fanno impazzire questi ETF di ETF. Questo dubbio ce l’ho avuto anch’io in effetti è vero che effettivamente sono minimo sforzo, massima resa, soprattutto se hai capitali piccoli ti permettono di avere uno strumento solo. Però obiettivamente un 80-20, un 60-40 e l’altro è 40-60, cioè 40 azioni, 60 obbligazioni sono abbastanza semplici da replicare con 2, 3, 4 ETF quindi non so effettivamente quanto sia il vantaggio in questo senso, non mi fanno impazzire ma forse sono una cosa mia se uno però effettivamente ha pochissimo capitale, cioè fai un pac di 100€ ETF su Trade Republic difficilmente qualcosa di meglio mi sembra sul mercato italiano; stiano entrando quelli simili di Amundi;CAZZABUBBOLE
Nicola
[ 00:51:16 ] Comunque la storia bella, me la tengo per adesso. Sono andato a fare un weekend a Dublino con un mio amico. Non so se ve lo ricordate il film Old School, che in Italia probabilmente l’hanno tradotto con ‘scappo dalla città’. Una confraternita che è un film con Vince Vaughn, dove lui, appunto, va un attimo in crisi di mezza età e vuole ricreare una confraternita universitaria con dei suoi amici. In quel film, lì c’è Will Ferrell, che è praticamente mito vivente di Vince Vaughn. Perché Will Ferrell ha ancora 50 anni, comunque fa il viveur, va in giro a guardare le donne, e però ad un certo punto, verso la fine del film, spoiler, si scopre che lui vive ancora con sua madre. Praticamente questa è la vita che fa il mio amico, quello che è venuto con me a Dublino, cioè lui lavora in un bar e vive ancora con sua madre. Quindi una sera eravamo fuori, abbiamo iniziato a bere, sai, sono quelle classiche robe che ti racconti le storie che sono successe dall’ultima volta che ti sei visto.Il fatto che io ho due figli e praticamente con mia moglie che lavora 80 ore alla settimana praticamente faccio la vita di un genitore single non ho un cazzo da dire quindi lui era quello che raccontava tutte le storie di queste avventure che gli succedevano e quindi era un po’ ricevi le avventure e intanto bevevamo a un certo punto della serata quindi siamo completamente ubriachi e intanto il tenore delle storie, il Climax delle storie saliva. Allora decidiamo di tornare in ostello. Perché ovviamente anche là abbiamo 50 anni e porco giuda porco! Io gli ho mandato 20 link di posti dove andare a dormire e lui piglia un ostello. Dimmi te come cazzo fai ad andare a dormire in un ostello a 50 anni? Comunque arriviamo nel bar dell’ostello e decido di prendere qualcosa da mangiare, tipo un dolce che sarà stato lì da quando l’Irlanda era ancora tutta l’isola era sotto lo stesso governo. Per asciugare un po’. E lui comincia a raccontarmi la storia peggiore. Adesso io non vi dico qual era la storia, ma ve la potete immaginare, tipo la storia quella di Spad di Trainspotting quando va a casa della studentessa e mette la merda nelle lenzuola e scoppia! Cioè, immaginatevi che lui mi sta raccontando quella storia lì. Le lenzuola di merda scoppiano, merda dappertutto, gente con la merda in faccia e in quello mentre lui me la sta raccontando, adesso siamo nella nella parte vera, siamo noi un tizio che era là nel bar dell’ostello, viene verso di noi e dice: ‘Ehi, ragazzi! Che bello sentire parlare in italiano! Cosa fate a Dublino?’
E ovviamente, io che ero già completamente fuori e tutto penso: “non è possibile che tu abbia sentito che stavamo parlando italiano ma non hai sentito la storia che stavamo dicendo” perché se tu pensi di voler andare ad attaccare bottone con due che si stanno raccontando queste storie qua devi essere malato, proprio malato. E quindi ho cominciato a ridere e veramente pensavo all’assurdità della situazione.
Ovviamente, il mio amico invece che è abituato ad avere a che fare con dei malati di mente perché lavora in un bar frequentato solo da malati di mente gli dà pure corda a questo qua e io lì che dicevo, ma che cazzo stai facendo? Cioè, ma non lo so. Questo qua probabilmente o ci uccide o non lo so. Comunque, per dire che cioè tutti gli stronzi li tiro su io.
Comunque, io vi voglio consigliare un altro podcast. Non so se è uscito come The Book of Basketball o come Sonic Boom. Sonic Boom è la storia di quando i Seattle SuperSonics come squadra sono stati spostati da Seattle ad Oklahoma City. Ed è una storia a meno, se ti interessa il basket e sei vecchio come me, i Seattle SuperSonics te li ricordi ancora o se avevi giocato, che ne so, a NBA Jam, c’era Sean Camp per un periodo, avevano anche una squadra, erano andati in finale contro Jordan la prima volta. E quindi racconta sostanzialmente questo psicodramma che giustamente hanno vissuto perché se ti levano la squadra non è come la Juventus che va in Serie B, lì proprio non ce l’hai più è finita lì la storia della squadra e tra l’altro tutta quella storia è legata al fatto che il proprietario della squadra era il proprietario di Starbucks, cioè non uno a cui mancano i soldi, però si era impuntato, si era impuntato che non voleva pagare per fare il palazzetto e quindi è andato tutto in merda, ma è una bella storia, un bel podcast, ve lo consiglio.
Vittorio
[ 00:56:24 ] Io invece vi consiglio questa paginetta Instagram che ho scoperto da poco che si chiama The Journalai sono dei giornalisti tipo indipendenti che chiaramente si sono rotti le palle di lavorare per microcefali che vanno in televisione e quindi hanno aperto questa pagina Instagram e fanno diciamo servizi giornalistici, raccontano un po’ di politica intervistano persone, però in maniera molto divertente. Devo essere sincero a volte un po’ troppo, perché sono i classici che stanno simpatici a quei politici a cui dovresti essere antipatico. In realtà, però, raccontano le cose in maniera molto simpatica e fanno un po’ di comunicazione diversa. Quindi, visto che c’è mediamente merda su Instagram, questi sono carini.Alain
[ 00:57:01 ] Io vi consiglio un libro: ‘Non perderti in un bicchiere d’acqua’ ed è stato scritto da Richard Carlson. Praticamente avete presente quei libri di aforismi che ogni tanto ti consigliano di tenere in tasca invece di tirar fuori Instagram, ti leggi un aforisma o una piccola lettera. Ecco, è un libro perfetto per fare questa roba qua, perché sono cento consigli su come appunto dare la priorità alle cose giuste, non perderti in ruminazioni inutili, avere piccole routine che ti fanno stare meglio e sono un centinaio, un libricino piccolo. Ve lo portate dietro una pagina, due pagine massimo, ciascuno. Carino, devo dire, c’erano alcune cose molto interessanti e niente ti tiene compagnia, invece di Reddit.Nicola
[ 00:57:46 ] Tra l’altro, è un modo migliore per attaccare il bottone negli ostelli rispetto a raccontare le storie sulla merda!